Altro giro, altra corsa! La passeggiata fuori porta di oggi è quella a #SantoStefanodiSessanio, il meraviglioso borgo incastonato tra le montagne abruzzesi, custode della tradizione, dei saperi e dei sapori dell'#Appennino.
Un borgo abitato oggi da un centinaio di anime e situato a 1250 metri di altitudine, sul versante meridionale del Gran Sasso e all’interno del distretto "Terre della Baronia" e del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga. Incluso inoltre tra i “Borghi più belli d'Italia”, è tra i più suggestivi del Parco, vista anche la vicinanza all'altopiano di Campo Imperatore. Ad accoglierci stavolta c’era Roberta, guida turistica ed esperta di questi luoghi, che gestisce il centro visite del Parco situato all'interno del paesino e che ci accompagnato tra le vie e le abitazioni antiche per circa un'oretta, raccontandoci aneddoti e curiosità su un luogo che ancora oggi trasuda la cultura e il folklore di un tempo.
L'impianto medievale del borgo è infatti ancora oggi ben visibile e perfettamente conservato, grazie al pressoché totale spopolamento che il paese ha subito nella seconda metà del '900 e alla scelta di dar vita ad una "Carta dei valori per Santo Stefano di Sessanio", che nell'agosto 2002 fu sottoscritta dal Comune, dall'Ente Parco e dalla società Sextantio, che ne ha rilanciato lo sviluppo turistico sostenibile nella forma dell'albergo diffuso.
Prima di parlare del borgo, però, è opportuno fare una piccola introduzione sul territorio in cui si sviluppa. Dalle ricerche archeologiche è emerso come la zona sia stata abitata dall’uomo sin dalla fase italica. A dimostrarlo anche gli insediamenti fortificati del Colle della Battaglia (Castel del Monte), di Monte delle Croci (Calascio) e di Monte Mattone (Castelvecchio Calvisio). La Baronia è nominata inoltre in diversi documenti antichi e, in particolare, nel Chronicon Volturnense, in cui si racconta della visita di Dagari, inviato da Ideprando di Spoleto, inviato nell'attuale Valle del Tirino, per per porre fine a una vertenza tra Carapelle e i monaci di San Vincenzo al Volturno che, proprio in quella valle, possedevano la cella di San Pietro ad Oratorium.
Un'area di confine del Regno di Napoli, appartenuta ai Piccolomini d’Aragona, nel 500 fu proprietà dei Medici di Firenze, che in una complessa strategia politica arrivarono tra le nostre montagne per sfruttarne le grandi potenzialità economiche, dovute ai commerci di lana, cereali e zafferano. Non a caso, sin dalle origini, fu la #TRANSUMANZA la principale ricchezza dell'area:, con il Tratturo Regio, strada maestra, che si apriva a pochi chilometri della Baronia, nei pressi di Peltuinum, e che per millenni ha favorito lo spostamento di persone, bestiame, prodotti alimentari, ma anche tradizioni, usi e costumi, in occasione delle migrazioni stagionali delle greggi verso la Puglia.
E Santo Stefano di Sessanio si trova, appunto, al suo interno. Si tratta di un borgo abitato da un centinaio di anime, situato a 1250 metri di altitudine, sul versante meridionale del Gran Sasso e all’interno del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga. Fa parte dei “Borghi più belli d'Italia” ed è tra i più suggestivi del Parco vista anche la vicinanza all'altopiano di Campo Imperatore. L'impianto medievale del centro abitato oggi è ancora perfettamente conservato, grazie al pressoché totale spopolamento che il paese ha subito nella seconda metà del '900 e alla scelta di dar vita ad una "Carta dei valori per Santo Stefano di Sessanio", che nell'agosto 2002 fu sottoscritta dal Comune, dall'Ente Parco e dalla Società Sextantio, che ne ha rilanciato uno sviluppo turistico sostenibile nella forma dell'albergo diffuso.
LA STORIA DEL BORGO
Il paese venne eretto tra l'XI il XII secolo sui ruderi di un pago chiamato Sextantio, dal latino "Sextantia", ad indicare la distanza di sei miglia romane da Peltuinum, importante crocevia dei traffici che da Roma giungevano sulla costa adriatica, e deve la sua prosperità, sin dai tempi più remoti, alla centralità rispetto ad assi viari strategici come le vie consolari Valeria e Claudia Valeria e, in seguito, alla vicinanza con il Tratturo regio. Il nome invece di "Santo Stefano" deriva quasi sicuramente dalla più importante chiesa del paese, dedicata appunto al Santo.
Le prime notizie riguardo il territorio di Santo Stefano di Sessanio risalgono al 760 d.C., quando Carapelle Calvisio e le terre circostanti furono donate al monastero di San Vincenzo al Volturno da parte del re longobardo Desiderio. Con la caduta dell'Impero romano e il pericolo delle invasioni barbariche, il paese iniziò a incastellarsi, dotandosi di fortificazioni. Nel frattempo, l'opera dei monaci determinò un aumento delle terre coltivabili e quindi un aumento della popolazione.
Notizie certe dell'esistenza del borgo risalgono invece al 1308 d.C. Fu in questo periodo, e cioè tra il XIII ed il XIV, che viene a crearsi la Baronia di Carapelle di cui, insieme a Santo Stefano di Sessanio, facevano parte anche altri borghi, tra cui Castel del Monte e Calascio.
Come gli altri borghi della Baronia di Carapelle Calvisio, anche Santo Stefano di Sessanio fu proprietà della famiglia toscana dei Piccolomini, fino al 1579, quando la Baronia fu venduta dalla Duchessa Costanza a Francesco I De' Medici Granduca di Toscana. Sotto i Medici, il borgo ebbe un notevole sviluppo economico, diventò un centro importante per la produzione della lana "carfagna", che veniva poi lavorata a Firenze e rivenduta in tutta Europa come prodotto pregiato.
I Medici mantennero la proprietà della Baronia, e quindi di Santo Stefano di Sessanio, fino al 1743. A quel punto, il borgo rientrò all'interno del Regno delle Due Sicilie e diventa patrimonio privato del Re di Napoli, mentre con l'Unità d'Italia, divenne un comune.
COSA VISITARE A SANTO STEFANO DI SESSANIO
PORTA MEDICEA: la prima e più importante apertura verso l’esterno nel Medioevo e chiara dimostrazione della presenza dei Medici, con lo stemma della famiglia toscana posta sull’apertura, con il giglio al centro e le palle ducali intorno. Non si sa se esistesse prima dei Medici, ma oggi si presenta come frutto del restauro del XVI secolo, col blocco turrito collegato a un’abitazione e la fornice a sesto acuto. Si presume fosse sormontata da una torre merlata a ghibellina, probabilmente andata distrutta con il terremoto del 1703 e presenta una caditoia, appena sopra lo stemma, che serviva a contrastare gli assalti dei ladroni, gettando attraverso essa pietre o armi contundenti;
CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE o DEL CARMINE: situata in piazza Medicea e, ristrutturata dopo il sisma del 2009, è la chiesa che svolge le funzioni parrocchiali di Santo Stefano. La costruzione risale al XVIII secolo, e prima del 1918 aveva una facciata in pietra grezza, con un campanile a vela. Con la facciata esterna ricostruita in stile neoclassico dopo il terremoto del 1703 e, in occasione delle guerre mondiali, dotata di due lapidi in memoria dei caduti, unici elementi decorativi insieme al portale tipicamente barocco e, seguendo lo stile romano, a timpano curvilineo spezzato. L'interno è a navata unica, l'altare maggiore è a cappella con architrave e nicchia e ospita la statua della Beata Vergine Maria del Carmine;
CASA DEL CAPITANO: la costruzione in pietra ha due grandi bastioni, e due finestre bifore di gusto tardo-gotico. La facciata principale è ornata dall'elegante loggiato rinascimentale della metà del Cinquecento. Dalla Casa del Capitano si gode una vista eccezionale sulle valli del Tirino e dell’Aterno e, ancora più oltre, sulla Majella e il Parco del Gran Sasso.
BUSCELLA: piccola apertura nelle mura medievali, il cui nome deriva dal termine dialettale "bucio", cioè "buco". La leggenda vuole che sia una sorta di arcata al di sotto della quale, se due innamorati si baciano, restano insieme per tutta la vita. Si narra che lì, in epoca medievale, i giovani innamorati si incontravano per rubarsi fugaci baci.
TORRE MEDICEA: per anni simbolo del villaggio, è stata distrutta dal terremoto del 2009. Alta in origine 18 metri e la sua ricostruzione oggi è in dirittura d'arrivo. Erroneamente chiamata medicea, fu con molta probabilità eretta in epoca aragonese, con tecniche sofisticate visto che le stesse pareti circolari risultavano più difficili da abbattere in caso di attacco da parte dei nemici. Era inoltre caratterizzata da piccole finestre, una porta a sesto acuto e merlatura alla sommità. All'epoca della baronia, era inserita in un particolare sistema difensivo che, attraverso la comunicazione precisa con le altre strutture militari situate all'interno dei vilaggi, permetteva di controllare l'intero feudo e di difenderlo.
MADONNA DEL LAGO: del XVII secolo, che sorge appena fuori dall'abitato, sulla riva di un piccolo specchio d'acqua. Oggi totalmente distrutta a causa del terremoto del 2009; Costruita fuori dalle mura del paese, sulle distese di verdi pascoli, la chiesa si rispecchia nel lago che si apre davanti la sua porta e per sorvegliare il quale sembra essere stata edificata.
*A 13 chilometri da Santo Stefano, seguendo la strada provinciale 97 in direzione delle montagne, ci si ritrova nel cuore dell’altopiano di Campo Imperatore. Circa 500 metri prima di sbucare sulla statale 17 bis, che attraversa l'altopiano, si passa a poca distanza da una piccola pozza d'acqua, non visibile dalla strada ma riconoscibile grazie al grosso rifugio di pastori che sorge poco più in là rispetto al laghetto. Posteggiando nei pressi del rifugio, si scorge sulla destra una breve salita porta ai ruderi grangiali di Santa Maria del Monte. Parte dei possedimenti di Santa Maria di Casanova e edificato nel 1222, l’insediamento è situato a 1600 metri di altitudine. Sono ancora oggi visibili i perimetri degli stazzi permanenti chiusi dai recinti in pietre a secco. La grangia sembra ripetere il tipo edilizio di una masseria, completa di chiesetta, stalle, magazzini e spazi per la lavorazione dei prodotti alimentari e artigianali. Struttura in origine imponente, che fa percepire l’enorme sforzo di bonifica attuato ai tempi dai Cistercensi. Un tipo di bonifica territoriale e culturale: i Cistercensi insegnavano le tecniche di coltivazione ai contadini e ai pastori ed in cambio gestivano l’economia dei loro prodotti. Intorno alle attività pastorali e agricole gravitò dal loro arrivo tutto il lavoro umano legato alle attività che andarono sviluppandosi sull'altopiano, il che da un lato comportò il potenziamento degli investimenti di capitali e, dall'altro, il conseguente aumento dei ricavi. Non è un caso che, ai tempi che, quello dei cistercensi, sia stato un periodo socialmente ed economicamente molto stabile e basato su realtà lavorative specializzate e ben integrate tra loro, con la grangia adibita a centro di smistamento di bestiame e prodotti del territorio e capolinea della transumanza.
PRODOTTI TIPICI
Le Lenticchie di Santo Stefano di Sessanio. Uno dei più famosi prodotti tipici d'Abruzzo, dal colore scuro marrone-violaceo e dalle piccole dimensioni, la lenticchia viene coltivata a Santo Stefano da tempi antichissimi, addirittura precedenti all'anno Mille. Il luogo ideale per la coltivazione di questo tipo di lenticchia si trova a un'altitudine compresa tra i 1100 ed i 1400 metri, su un terreno arido e caratterizzato dalla pietra carsica.
Oggi, la coltivazione sta diminuendo, in quanto effettuata quasi soltanto per consumo famigliare. Per questo motivo è ormai protetta oramai dal Presidio Slow-Food, ottenuto grazie all'intervento del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
COME ARRIVARE A SANTO STEFANO DI SESSANIO
In auto da Roma: tramite l'autostrada A24 fino all'uscita dell'Aquila Est, si prende la strada statale Strada Statale 17 direzione Pescara per circa 15 chilometri fino a Barisciano. Da Barisciano si sale per la strada provinciale per 15 km.
In auto da Pescara: tramite l'autostrada A25 per Roma fino all'uscita Bussi Popoli, quindi si prende la Strada Statale 153 in direzione dell'Aquila per 15 Km circa, fino al bivio per Ofena-Castel del Monte. Lì si gira per Ofena e subito dopo, si svolta a sinistra per Calascio. Superata Calascio si procede in direzione Santo Stefano di Sessanio.
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