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IL PASTORE ABRUZZESE, CUSTODE DELLE GREGGI APPENNINICHE E SIMBOLO DI UN'INTERA COMUNITA'



E' bianco quasi come la neve che cade sulle sue amate montagne. Il suo mantello è abbondante, lungo, piuttosto ruvido al tatto. Prodotto di una lunghissima selezione derivante dalle necessità della pastorizia transumante italica, che mantiene ancora oggi le sue origini nella nostra regione e che lo ha portato ad essere il nobile cane che tutti conosciamo, il pastore abruzzese è oggi tra i più importanti simboli di quell’Abruzzo descritto da #PrimoLevi come “forte e gentile”.


Riconosciuto dapprima come patrimonio regionale e, nel 2019, nazionale, rappresenta una specie a sé, ma affonda le sue origini in epoca molto remota, come i cani primitivi dell’Asia centrale che poi si sono diffusi in tutta #Europa. Le prime testimonianze risalgono addirittura ai tempi dei Romani: già in quel periodo autori latini come Varrone e Columella, tra il II è il I secolo a.C., citavano a presenza costante nelle campagne romane come grande cane bianco a custodia dei greggi.


Equilibrato e affidabile, fiero, maestoso, resistente, di grande mole e forza, è una razza poco selezionata dall'uomo e per questo ha ancora molte di quelle qualità legate all'antica funzione di guardiano di animali e del territorio che lo rendono così speciale.


Bellezza in quiete e in azione, intelligenza, equilibrio caratteriale, dignità e istinto naturale per la guardia sono solo alcune delle qualità positive del nostro pastore, a cui si vanno ad aggiungere una vena spiccatamente selvatica e la propensione a trattare l'uomo alla pari e non come un vero e proprio padrone. Si tratta di un cane dotato di grandissima dignità e fierezza, unite a perspicacia, equilibrio caratteriale e all'innato senso di responsabilità per il loro dovere: la guardia e la difesa della proprietà, sia essa un gregge, un territorio, una casa, in altre parole tutto ciò che necessita di protezione.



Non è raro incontrarli sulle nostre montagne o nei centri abitati, dove in genere, a prescindere dal clima, sono soliti dormire all'aperto, quasi fossero indifferenti a pioggia o neve. Non a caso, nella tessitura e nella lunghezza del pelo del #pastoremaremmanoabruzzese va visto proprio un adattamento a condizioni di pioggia e vento freddo piuttosto che di un clima di neve e gelo perenne.


Sull'organizzazione sociale che è molto presente nei cani da pastore, in particolare se vivono in branchi di più individui, e dove è fondamentale la conquista del dominio territoriale. Questo è generalmente tenuto dal maschio adulto più forte, che verrà a sua volta spodestato quando un giovane rivale lo sottometterà dopo una dura lotta. Mentre di norma gli allevatori intervengono in queste battaglie con l'unico sistema possibile, la separazione dei rivali, nel mondo della pastorizia nessuno si preoccupa di separarli; rivive allora la legge della natura per cui la convivenza si fonda sulla forza fisica e psicologica, sulla tempra e quindi sulla scala gerarchica.


La loro vita in comune è infatti caratterizzata da uno spiccato senso della gerarchia, dovuto certamente all'abitudine atavica di aver sempre vissuto e lavorato in gruppo, ed il gruppo è la loro reale forza nell'impegnativo compito di difesa del gregge. Esiste un capobranco che comanda, detiene l'ordine e al quale nessuno si ribella. Spesso può essere anche femmina, o può comunque formarsi una coppia Alfa.


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